Comunicazione e traduzione a confronto: l’Occidente incontra l’Oriente

In determinati contesti comunicativi tra più persone, per esempio una visita presso un conoscente o una conversazione tra amici, la comunicazione “occidentale” tende a presentare per prima cosa il fatto come si è svolto, per passare successivamente ad eventuali spiegazioni e commenti. Nei paesi arabi invece, la situazione è capovolta. Osserviamo i seguenti dialoghi:

Comunicazione occidentale
  • Ho perso il treno
  • C’era un traffico terribile e l’autobus è rimasto bloccato per quaranta minuti nel centro.
  • Sai, piove, e qui appena cadono due gocce diventa un pantano.
  •  Questa città è sempre più invivibile...
  •  È un periodaccio…

 Comunicazione araba
  •  È un periodaccio...
  •  Questa città è sempre più invivibile…
  •  Sai, piove, e qui appena cadono due gocce diventa un pantano.
  • C’era un traffico terribile e l’autobus è rimasto bloccato per quaranta minuti nel centro.
  •  Ho perso il treno…

Questo modo di procedere nella comunicazione interculturale, quali riscontri può avere? Senza dubbio gli occidentali sono noti per essere spesso troppo diretti ed irruenti in certe circostanze, e allo stesso modo gli arabi ci percepiscono in questa maniera: diretti ed invadenti. Dal loro punto di vista, si evita prima di tutto di entrare nel cuore dell’argomento, anche quando ricevono una visita, solo dopo una accurata accoglienza e convenevoli si passa ad instaurare un dialogo sui fatti da raccontare.

Come si ripercuote tutto questo sul linguaggio e sul pensiero? I processi cognitivi si attivano interagendo con le persone e con il proprio ambiente sociale, portandoci poi ad interiorizzare dei processi ed interagendo con il nostro mondo individualmente. Quindi la natura umana presuppone una competenza sia individuale che sociale, vale a dire il nostro pensiero è anche influenzato dall’esterno, ma tuttavia individualmente prendiamo coscienza delle nostre azioni, riflettiamo, ci confrontiamo e decidiamo il comportamento a noi più vicino e opportuno. Perciò anche il linguaggio è influenzato da questo aspetto sociale, ma è bene precisare che esiste anche una sorta di linguaggio “interiore”, che fa parte della nostra sfera individuale e permette lo sviluppo della consapevolezza metacognitiva e lo sviluppo delle competenze individuali. In breve, ogni lingua è influenzata dall’aspetto sociale, dall’ambiente in cui è nata e che la circonda ed è noto come questi margini siano oggi anche influenzati dagli aspetti linguistici e sociali della globalizzazione.

 Per quanto riguarda la lingua araba, benchè sia molto difficile da apprendere, ma non impossibile, è senza dubbio una delle lingue più poetiche, e ai più nota come una delle più antiche del mondo. È la lingua di 250.000.000 di parlanti, la cui letteratura e cultura è tra le più gloriose nella storia dell’umanità, considerando che rappresenta una civiltà che per secoli ha anticipato le grandi scoperte umanistiche e scientifiche del futuro Occidente.

 Inoltre, non tutti sanno che molti nomi di sostantivi italiani derivano dall’arabo. Infatti, come scrisse il semiologo Daniele Barbieri, nel suo articolo Colpisce più la lingua (araba) che la spada, nella frase “la nave era in avaria. L'ammiraglio uscendo dall'arsenale si lamentò degli acciacchi. Giunto a casa si buttò sull'alcova azzurra mangiando arance e albicocche con un po' di alcool, tutte le parole con la A vengono dall'arabo. Si potrebbe tentare anche con la C“ Ho messo il caffè nella caraffa. Nella dispensa c'è una cassata con i canditi, nella casseruola un po' di carciofi.

Altre parole di origine araba che potremmo citare sono: zenit, zero, alchimia, azimut, chimica, elisir, Gibilterra, harem, intarsio, algebra,monsone, nababbo, cammello. Di l'origine araba sono anche i seguenti sostantivi: almanacco, assassino, aguzzino, bagarino,alfiere, bizzeffe barattolo, cerbottana, chitarra, macabro, cotone, crumiro, taccuino, talco melanzane, nafta, divano, dogana, pappagallo, zucchero ragazzo, denaro, facchino, giubbotto, limone, garza, sciroppo, spinaci, tariffa, zafferano traffico, valigia, gatto, giacca, liuto, magazzino, materasso, nuca, ovatta, ricamo, safari, saracinesca, tamburo e  zecca.

La poeticità della lingua araba è nell’armonia del significato di numerosissime parole, nello stile di vita che sa cogliere emozioni e passioni, ma al tempo stesso con semplicità e profondità. Prendiamo ad esempio i saluti:

Buongiorno - Sabaha l-hary - lett. “mattina di bene”
   Sabaha n-nur - lett. “mattina di luce”

Il significato letterale di “benvenuto” è invece:
“ che tu possa trovare famiglia e pianura”

Espressione che risale al più antico periodo beduino, dove la famiglia è simbolo di calore e protezione, la pianura invece è simbolo di viaggio spensierato a dorso del dromedario.
Prego! -  tafaddala  - letteralmente: “ essere così gentile da fare qualcosa” o meglio “ accomodati, favorisci, prego, fa’ pure”. Inoltre secondo i contesti potrà anche valere per “ prendi, serviti, entra, passa prima tu, dimmi, ecc.”

Passiamo ora alla tecnologia.

Quando le accademie di lingua araba furono chiamate a creare un neologismo per l’elaboratore elettronico, il computer, fu naturale ricorrere al verbo “ hasaba” , cioè “contare”, ma anche “ calcolare, elaborare”, applicandogli lo schema raro di a – u di valore intensivo, che talvolta troviamo in parole come faruq “ saggio”, o con valenza strumentale, come nazur, cioè cannocchiale.
Pertanto l’area della famiglia delle parola come “hisab”, cioè “conto”, e “hasub”, cioè computer, è evidente estrapolando la radice h -s- b.

D’altro canto, strascichi di passato coloniale sono ancora oggi evidenti, anche dei modi di dire. Prendiamo come esempio il contesto di un bar.
Il cameriere viene interpellato con quel termine la cui traduzione letterale è “maestro, insegnante”, termine diffusamente usato anche per interpellare un artigiano, un tassista ecc. ( cit. mastro, capo). Diffuso è altresì nel sud Italia, interpellare alcune maestranze in questo modo. Usuale è anche il francesismo graçon per interpellare un cameriere nei paesi arabi. Il termine standard vero e proprio per cameriere è invece “nadil” che tuttavia viene usato unicamente in letteratura.

E fate attenzione ad ordinare un gelato al bar! Se nel Maghreb /glas/, dal francesismo “glace” , significa gelato, in Arabia Saudita, nei Paesi del Golfo ed in Irak, /glas/ sta per bicchiere!

http://www.torkanweb.com/#!LOCCIDENTE-INCONTRA-LORIENTE/c1jsz/ijpypup265

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Dott.ssa Giovanna Bondanese, laurea in Lingue e Letterature Straniere, laurea magistrale in Traduzione Specialistica, laurea specialistica in Scienze della Mediazione Interculturale. Insegnante di lingua inglese, francese ed italiano per stranieri. Traduttrice, mediatrice interculturale.