Quando si dice che il fumo è un segno del fuoco, quel fumo tuttavia non è ancora un segno vero e proprio: esso diventa segno del fuoco non nel momento in cui lo si percepisce, ma nel momento in cui si decide che sta per qualcos’altro. Affinché avvenga questo passaggio si deve uscire dall’immediatezza del campo della percezione e tradurre la nostra esperienza facendola diventare l’antecedente di un’inferenza semiosica.
Ovvero, c’è del fumo (a) , e se c’è del fumo (b) , c’è del fuoco (c). Questo passaggio da (b) a (c) è materia di inferenza, mentre (a) è materia di percezione
In breve, la semiosi percettiva non si sviluppa quando qualcosa sta per qualcos’altro, ma quando da qualcosa si giunge per processo inferenziale a pronunciare un giudizio percettivo su quello stesso qualcosa.
Presupponiamo per esempio, come sostiene Umberto Eco nel suo libro Kant e l’ornitorinco, che qualcuno con una conoscenza quasi nulla della lingua inglese, è tuttavia abituato a vedere titoli, nomi, o frasi inglesi su copertine o pubblicità di vario tipo. Supponiamo che riceva un fax che mostri lettere illeggibili, deformate o sovrapposte e che tenti di leggereXappy, neX, Xear. Costui, anche senza conoscere il significato delle parole, ricorda di avere visto espressioni come happy, new, year, ed ipotizzerà che siano quelle che il fax voleva trasmettere. In questo modo avrà fatto delle inferenze sulla sola forma grafica dei termini, cioè su quello che c’era sul foglio ( piano di espressione) e non su quello per cui le parole stavano.
Perciò qualsiasi fenomeno, per poter essere inteso come segno di qualcos’altro, deve essere innanzitutto percepito.
Che cosa avvenga nella nostra mente, ciò che Umberto Eco chiama “scatola nera” , quando percepiamo qualcosa è un problema molto discusso dalle scienze cognitive. Queste temi ci conducono verso alcune riflessioni inerenti alle questioni riguardanti l’ambiente che ci circonda, ovvero se quest’ultimo ci fornisca o meno tutta l’informazione necessaria senza intervento costruttivo da parte del nostro apparato mentale o neurale, o se invece ci sia selezione, interpretazione e riorganizzazione del campo stimolante.
Noi abbiamo l’impressione di intrattenere immagini mentali ed in maniera anche intersoggettiva possiamo interpretare numerosi termini attraverso rappresentazioni visive. Per cui anche la componente iconica della conoscenze deve essere intesa allo stesso titolo dell’esistenza di TC, ovvero schemi mentali. Le immagini costituiscono senza dubbio sistemi di istruzioni tanto quanto i dispositivi verbali. Perciò secondo Umberto Eco, possiamo postulare i TC nella scatola nera proprio perché possiamo avere un controllo intersoggettivo su ciò che ne costituisce l’output. Di questo output abbiamo gli strumenti per parlare, pertanto la semiotica può contribuire ad arricchire le ricerche cognitive, ovvero attraverso l’aspetto semiotico dei processi cognitivi.
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Dott.ssa Giovanna Bondanese